Un giorno parlando, fu chiesto al grande giornalista Arrigo Benedetti: “Lei che abita a Lucca e conosce la famiglia Carli, perché non fa fare delle ricerche e butta giù un articolo sulla loro storia?”
La risposta fu questa: “Prima di parlare della storia dei Carli, bisognerebbe fare una storia sulle stranezze dei Carli”.
Gli fu chiesto, in che senso? Per tutta risposta ci disse.. Io, ho già provato a fare delle ricerche su questa famiglia, e per quanto ho potuto accertare sono sempre stati, direi, contrari a tutto ciò che gli veniva proposto e schivi a qualsiasi richiesta d'informazioni. Vi posso dire comunque che dalle mie ricerche, questa famiglia già esisteva dal 1600 circa e già facevano gli artigiani orafi. Posso dirvi che la tradizione è continuata (sono sempre stati al di fuori delle leggi della Repubblica di Lucca) e schivi a qualsiasi forma di ricerche sul loro albero genealogico. Se prendiamo per capostipite il Carlo Carli, nel 1665 fabbricò la corona del simulacro del Volto Santo e il pettorale ma la commissione per tale lavoro non fu espressamente data a lui, poichè pur avendo la sua bottega a Lucca era considerato uno straniero per l'allora Repubblica di Lucca, e la commissione andò al Signor Giannoni, che pure risultava straniero alla Repubblica di Lucca essendo di Massa Lunigiana, ma più ammanigliato, il quale ricevuta la commissione la passò al Carli. Questo Carlo Carli sembra che abbia imparato il mestiere di orafo cesellatore addirittura a Bruxelles. dove risiedeva insieme ad un fratello il quale era specializzato nel costruire armature leggere in acciaio temperato, in grado di resistere a qualsiasi attacco. Quello che sono riuscito a sapere, probabilmente è che la loro residenza in quel periodo era a Borgo a Mozzano, che allora non faceva parte della Repubblica di Lucca. Un’altra stranezza è che questa famiglia ha sempre ruotato nelle generazioni gli stessi nomi (Carlo, Giuseppe, Luigi, Pietro e Biagio) di padre in figlio, creando così un alone di mistero nel distinguere le varie parentele. Direi che questo uso continuato per seco li è sicuramente la verità, nel senso che se prendiamo il capostipite dell'azienda commerciale Luigi Carli nel 1831, noi troviamo che egli ha avuto un figlio, Pietro, il quale ha avuto due figli, Giuseppe e Luigi, dei quali Giuseppe ha avuto a sua volta un figlio, l'attuale Pietro che a sua volta ha un figlio di nome Giuseppe. In parole povere con questa terna di nomi c'è sempre stato un Carli che ha sempre fatto l'orefice, mantenendo nel tempo il nome il cognome e il luogo sicuramente per dieci generazioni. Sappiamo per esempio che la famiglia Carli nel 1700 per quasi cento anni ha fatto celebrare una messa a sue spese nella chiesa del Santissimo Salvatore, il perché di questo però non si è mai saputo. Si conosce che il padre di Luigi Carli nato a Lucca il 1784 per esempio era molto nelle grazie della Principessa Elisa Bonaparte, e la conservazione del patrimonio e forse l'arricchimento può anche essere in parte attribuito a questo tipo di amicizie alto locate e al periodo. Si sa per certo che il di lui figlio, Luigi Carli che è il fondatore dell'azienda commerciale, già aveva un conto corrente a Le Locle in Svizzera, dove faceva fabbricare delle pendole con marchio Carli dalla ditta Zenith e a questo Signor Luigi Carli di Lucca, parte della corrispondenza veniva inviata a Parigi, dove lui aveva forse una residenza o un Pied-a-Terre. Comunque Luigi Carli è stato il primo commerciante a Lucca a prendere merci già preventivamente fabbricate a Parigi, Svizzera, Germania e Italia e a metterle nelle vetrine già pronte. Con la caduta dell'impero Napoleonico e logicamente con la caduta del Principato di Lucca e Piombino, dopo due governi provvisori, Maria Luisa di Borbone fu nominata Duchessa di Lucca, e continuò a servirsi dai Carli, come anche il figlio Carlo Lodovico, fino a circa il 1848/ 1850, quando Lucca venne poi annessa al Gran Ducato di Toscana e finì il Principato. Da notare che comunque in quel periodo di cambiamenti sia il padre che Luigi Cari i non hanno mai fatto parte d i nessuna corporazione. Tornando a parlare delle stranezze dei Carli, anche in epoche molto recenti, si può dire che Giuseppe, non ha mai fatto parte di nessuna corporazione fascista dei commercianti, pur esercitando in pieno l'attività con orari tutti particolari, come per esempio quando nel periodo della caccia il negozio apriva solo nel pomeriggio. Ed è grazie alle sue stranezze, però se ancora oggi esiste l'unico negozio prototipo con le vetrine in legno removibili. Il figlio Pietro attua le proprietario, ha mantenuto la vecchia impostazione di lavoro, importando da tutto il mondo e specializzandosi nell'antico. Come giustamente disse Arrigo Benedetti la storia dell'oreficeria Carli è stata sempre ricostruita da clienti o amici, ma mai da loro o con l'aiuto di loro. Si può dire che nel 1665 quando Carlo Carli, fece la corona del Volto Santo ed ebbe 70 scudi di paga per il lavoro e 50 di regalo per la maestria con cui era stato eseguito acquistò il davanti del proprio laboratorio, quello che attualmente è il negozio vero e proprio sull’allora via della Pantera. Il nostro Carlo Carli nei diari della Zecca conservati nell'archivio di Stato, fu dal 1682 il tecnico per le monete che la Zecca coniava, fino al Luglio del 1688, e nella parte acquistata, convenivano il maestro di Zecca con il capo fonditore ed altri artefici per consigliarsi con l'orafo di allora, il maestro Carlo Carli, onde ovviare ad inconvenienti tecnici di fusione, intralcianti talvolta il regolare funzionamento della zecca; tali riunioni avvenivano con una certa frequenza, come attestano i diari della Zecca conservati nell'archivio di Stato e per ben oltre sei anni. Come poi spiegheremo, i documenti originali e le lettere di alcuni lavori fatti dalla Ditta Carli nel periodo dal 1680 al 1831 furono inviati a Roma, e per il sopraggiungere della guerra e per la susseguente caduta del fascismo, i documenti non furono più restituiti. Comunque nonostante la deprecata perdita di tali documenti di indubbia autenticità e valore è tuttora possibile documentare la continuità della ditta che, va tenuto presente, si è sempre tramandata di padre in figlio attraverso alcune creazioni, tuttora esistenti a cui è attribuito valore di autentici capolavori. Per esempio il figlio di Carlo Carli ha eseguito la croce di San Pietro Somaldi, tuttora conservata in quella chiesa, e l'archivio parrocchiale ne dimostra il pagamento avvenuto. Di Luigi Carli Sappiamo che a soli 21 anni era già titolare del negozio (1831) poiché il padre Biagio si ritirò dagli affari e dal suo laboratorio, ma essendo il figlio molto giovane e spregiudicato (vedi residenza a Parigi, Svizzera e chissà dove) gli mise come tutore, un certo Sig. Frugoli, più anziano e già direttore dell'azienda onde evitare che il figlio facesse sciocchezze tali da rovinare il patrimonio, questo dal 1831 al 1843 ma non fu così, Luigi Carli con la merce prefabbricata sfondò molto meglio del padre, artigiano e con ottimi guadagni. Le vetrine e l'arredamento del negozio furono inaugurati il 13 Settembre 1831, ideati da un certo architetto Unti di Lucca (che poi a quanto si è riusciti a sapere era solo un bravo artigiano del legno ed un ottimo intagliatore) e non un architetto. Le vetrine dei Carli sono un prototipo perché le vetrine simili che esistono sul Ponte Vecchio a Firenze sono di epoca posteriore in quanto sono state fatte dopo la piena dell'Arno del 1868 e furono una novità perché i negozi di Ponte Vecchio, allora avevano una sola vetrina e un bandellone di legno che serviva da base e da chiusura, alzandolo. Si deve sapere che in via Fillungo, in circa 300 metri a destra e a sinistra, del negozio Carli esistevano ben 5 negozi simili a quello dei Carli, e dai documenti allegati, ci dimostrano la lotta sostenuta da Giuseppe Carli, contro il comune che pretendeva che facesse una vetrina più degna e più moderna per la semplice ragione che Mussolini doveva alla fine del 1939 venire in visita a Lucca. Il comune desiderava far vedere negozi con vetrine moderne e non vecchie come quelle dei Carli, tutti gli altri ubbidirono, i Carli no. Forse una delle ragioni di questi grandi rinvii a trasformare la vetrina, fu anche questo particolare: Mussolini andò in visita in Germania ospite del Führer, e in quell'occasione a dimostrazione della purezza della razza ariana in tutti i sensi gli furono fatti visitare dei negozi che da generazioni erano sempre stati tedeschi (eliminando i vecchi negozi ebraici). Al ritorno, Mussolini decise di fare anche lui una ricerca che chiamò "Mostra della razza", o meglio dovremmo dire della continuità di gestione di esercizi commerciali italiani. Fu solo allora che vennero fatte ricerche sulla ditta Carli e sull’origine della ditta stessa. Le ricerche si svolsero in due maniere: una ricerca attraverso gli archivi parrocchiali, ed una attraverso le Camere di Commercio. Si trovò che la ditta Carli artigiana, nata forse prima del 1655, continuò ininterrottamente la propria attività fino al 1831, e invece, la ditta puramente commerciale, nacque in quella data, 1831 e già con una licenza di import-export; ambedue le ricerche, entrambe completate con documenti, furono allora consegnate, una all'Associazione Commercianti per il periodo dal 1831 in poi, e una alla Camera di Commercio che aveva bisogno di ulteriori approfondimenti, per la parte puramente artigianale che comprendeva il periodo dal 1655 al 1831. Fu impegno degli allora amministratori, poiché ritenevano che Lucca potesse figurare fra le prime di portare personalmente tutti i documenti a Roma, molti dei quali muniti dei regolari francobolli e questa forse è stata proprio la causa del mancato ritorno, con l'entrata in guerra infatti i documenti sono spariti, la ragione della consegna di tutto il nostro archivio è la stessa: il Carli non voleva scocciature e mandandoli sicuramente al diavolo, gli consegnò tutti i documenti dell'archivio di cui era in, possesso, cioè: fatture, quietanze di saldo, descrizioni di lavori fatti per Cardinali per Duchi o Marchesi, altre lettere con bozze di discussioni con altri orafi del periodo etc. Quando Arrigo Benedetti disse che la storia dei Carli se verrà fatta, verrà fatta da clienti o da amici, diceva esattamente la verità, infatti circa nel 1980 la Deutsche Bank a seguito della fusione con la Dresner Bank, trovò che un artigiano tedesco che aveva fatto un primo cavò a Dresdan per la stessa banca (distrutto durante la guerra dai bombardamenti americani) ne aveva costruito anche a Lucca, un secondo simile a quello tedesco per la ditta Carli. Attraverso ricerche pensano che questi caveau ideati da questo fabbro tedesco siano i primi esistenti. La particolarità e la novità per una maggiore sicurezza di questi caveau era che, al contrario delle casseforti, erano fissi e non mobili e tutto l'esterno era coperto da una terra rossa porcellanica, fatta venire dalla Sassonia e amalgamata con un suo procedimento forse di fusione a caldo che rendeva questa corazzatura inattaccabile da qualsiasi scalpello. Infatti in occasione dello spostamento di questo vecchio caveau presso la ditta Carli, all'interno di un nuovo caveau nel 1968 la resistenza di tale incamottatura fu tale che il martello pneumatico e scalpelli a diamante ebbero da lottare molto per poterla spostare. Questa notizia che è stata riportata in varie guide tedesche, oggi crea non poche difficoltà perché spesso signori tedeschi vengono e chiedono di poter vedere questa particolare cassaforte, il che non fa certo molto piacere ai Carli, dato che queste visite intralciano il normale lavoro giornaliero. Il negozio Carli, può suddividersi in due parti: il davanti che fu acquistato nel 1655; il retro stanza dove c'era la lavorazione già forse dei Carli, da molto tempo prima, era già sicuramente un laboratorio orafo e forse addirittura della Zecca, in quanto affondato nel muro delle pareti perimetrali si trova tutto intorno una grata in ferro con buchi di circa 15x 15cm a maggior protezione, il soffitto è a volta di mattoni a doppia testa e lo stesso dicasi per il pavimento. È da notare che in un angolo murata proprio dentro il muro, c'è un’enorme pietra, scavata a mo di contenitore, dove una seconda pietra girandola manualmente faceva una specie di macina, (tipo quella dei molini). Vari studiosi pensano che detta pietra sia almeno del 1500 se non prima e serviva per l'ultima sgretolazione dell'oro, quando ancora é attaccato al sasso prima di passare alla purificazione per avere il metallo per le varie lavorazioni. Questa novità induce a pensare che nelle vicinanze della città ci fossero miniere d'oro, oggi esaurite o che veramente fosse qualcosa del governo che importava oro grezzo nascente, e qui fosse il luogo dove veniva purificato per venire poi commercializzato e fuso in lingotti, forse per la Zecca. È veramente giusto pensare, come disse Arrigo Benedetti, i Carli hanno fatto di tutto, e il contrario di tutto. Infatti il libro delle Corporazioni, ci dice che Carlo Carli propose fin dal 1678 circa dopo 6 anni di maestro di zecca che era necessario fare una corporazione degli orafi e argentieri. Si propone pertanto fino al 1743 di marcare gli oggetti con una sigla, rappresentante il nome e cognome o la bottega, come dicevano i Carli, i quali dopo uno scontro verbale con un certo Carlo Vambrè si ritirarono dalla corporazione (malgrado facessero dire la famosa messa all'altare del San Salvatore) perché furono esclusi dalla committenza ecclesiastica che andò tutta o quasi a questo Giovanni Vambrè, che faceva oggetti con una tecnica di produzione che si basava su uno sbalzo di una lastra anziché sulla fusione e la susseguente cesellatura a mano, con un risparmio di materia prima e di tempo, riuscendo così a contenere i costi di fabbricazione. Per i Carli una tecnica del genere sviliva il lavoro dell'oggetto, era un lavoro da ramai e non d'argentieri. Le discussioni, portarono alla scissione tra argentieri e orafi, anche perché fu stabilito che ci fossero 14 maestri argentieri, 10 orefici e solo un gioielliere e nessun altra bottega in più. Norme troppo rigide per i Carli che si posero fuori legge, lavorando per clienti privati con ordini anche fatti fuori dalla Repubblica di Lucca, vedi lettere di Cardinali a Roma o copie di pagamenti privati fatte alla ditta Carli. Queste ricevute purtroppo andarono a Roma e non furono più restituite. Comunque in vari archivi ogni tanto spuntano fuori. È da notare che le discussioni del Carli, fecero si che dal 1678 gli orefici non adottarono mai il punzone identificativo mentre gli argentieri al contrario lo applicavano e dopo molte discussioni, nel 1743 viene fatto un nuovo statuto delle corporazioni e questo anche perché si stava formando la compagnie delle Onorande Arti Degli Orafi e Argentieri, sotto la protezione di San Eligio patrono di tali artigiani che dopo non molta fortuna, si disciolse nel 1810. Un Carli fu uno dei fondatori e poi sparì. Una cosa è certa: i Carli alla trasformazione delle corporazioni del 1743 con l'approvazione di non più mettere il nome delle botteghe o la sigla di lettere, ma di attribuire un simbolo (i Carli) ottennero il simbolo della lira musica le come punzone che poi non ritirarono mai, se non alla fine del 1700 quando ormai anche gli argentieri stufi delle norme tanto rigide di applicazione di quanto avevano stabilito precedentemente, non le osservavano più, ma si parla di argentieri, non di orefici perché questi erano sei o otto al massimo e i gioiellieri uno o due, mentre invece gli argentieri avevano una supremazia decisionale assoluta perché si contavano addirittura 20 o 30 botteghe. In sostanza i Carli non hanno mai accettato le imposizioni corporative degli argentieri che limitavano il numero delle botteghe, il numero dei garzoni per imparare il mestiere, il trasferimento solo ai dipendenti o ai soci della corporazione. Sotto il regime Napoleonico fu fondato a Lucca con decreto del 1807 il comitato di incoraggiamento dell' Agricoltura, delle Arti e del Commercio, rivolto come già l'Offizio delle nuove Arti a promuovere l'incremento dell'industria e specialmente dell'artigianato. Un Carli è intrufolato anche qui, poi sparisce. I Carli continuano, però sappiamo che dopo hanno ottimi rapporti con la famiglia Napoleonica prima, e i Borboni dopo. Basti pensare che il padre di Luigi Carli, nell'anno 1831 va in pensione a soli 47 anni, e lascia la gestione di tutto al figlio Luigi a soli 21 anni, coadiuvato da un amministratore per dodici anni, perché non facesse sciocchezze. In occasione della pubblicazione "Incisori Lucchesi" scritto da Giorgio Giorgi e stampato il 23 febbraio 1974 troviamo la dinastia dei Carli che il Giorgi ha ricavato da i vari archivi parrocchiali. Discendenti di Carlo Carli del 1655 è GiovanCarlo, fu Carlo nato a Borgo a Mozzano operante a Lucca nel 1703, Biagio fu GiovanCarlo nato a Borgo a Mozzano operante a Lucca, Giuseppe fu Biagio nato nel 1784 in parrocchia di San Pietro Somaldi poi trasferitosi in parrocchia d i Santa Maria Corteorlandini, Luigi fu Giuseppe nato il 1810 in parrocchia di Santa Maria Corteorlandini, morto nel 1893 operava in Lucca dal 1831, Pietro fu Luigi, nato a Lucca in Via San Giorgio nel 1858 e morto nel 1933 operava in Lucca nel 1893,Giuseppe fu Pietro nato il 31 ottobre del 1900, morto il 7-7-1959 a Lucca, operava dal 1933, Pietro figlio di Giuseppe attuale proprietario che opera dal 1959, continuatore della stessa attività degli avi, con il di lui figlio Giuseppe. Purtroppo per ragioni burocratiche, il dietro del negozio, da sempre laboratorio, dovette essere smantellato (le leggi imponevano la bolla di trasporto per attraversare la porta dal negozio al retro negozio e altre grane burocratiche), che costrinsero, Pietro Carli, attuale proprietario, a traslocare detto laboratorio, in altro locale attiguo al negozio,ma non comunicante, dove tuttora risiede il laboratorio attuale. Dopo tale spostamento, il retro fu adibito a negozio, e l'architetto Mugnani di Lucca lo adattò a tale scopo inserendo parti di un negozio di Cartier di Parigi. Logicamente in tanti anni di attività se i Carli avessero tenuto un archivio dei loro clienti più importanti avremmo un altro interessante spaccato della loro attività, perciò quello che sappiamo come al solito, lo sappiamo perché altri studiosi in altre occasioni o altre ricerche lo hanno trovato. Così ad esempio il Mazzini si diceva che passasse furtivamente da Lucca per vendere al Carli alcuni oggetti avuti in regalo per la causa… Il Puccini in un primo tempo, vendeva, poi con il passare degli anni, acquistava ma pagava in ritardo. Il Pascoli nei primi anni di questo secolo, fuse e vendette tutte le medaglia vinte nei concorsi di Amsterdam e il ricavato servì per acquistare la villa di Barga. Il Carducci, faceva la stessa cosa, o vendeva o ordinava cose personali che ritirava poi quando veniva a Lucca dal Caselli.
L'attuale proprietario Signor Pietro, viaggiando in tutto il mondo, nelle sue ricerche per riportare a Lucca quanto più era possibile di ciò che era andato disperso, incontrando in questo suo pellegrinare anche persone importanti, è stato sicuramente il vero, primo, grande promotore a far conoscere Lucca e le sue bellezze. Instaurando assieme a pochi altri mercanti (vedi Antiquario Vangelisti) un flusso di clientela e di persone autorevoli a Lucca, e non turisti mordi e fuggi.
La clientela, è sempre stata varia, sia Lucchese che italiana o internazionale e si potrebbe dire che tutti i grandi nomi, politici, attori, industriali etc. di tutto il mondo, per una ragione o per l'altra, si sono fermati dal Carli, attratti dai suoi articoli esclusivi e da un negozio, unico nel suo genere.
È un negozio dal fascino particolare, che spesso è pubblicato in riviste di ogni genere e in ogni parte del mondo che poi gentilmente, qualche cliente ci invia per conoscenza. Perfino uno scrittore inglese, Charles Morgan in un suo romanzo “Nel bosco d'amore”, edito da Mondadori nel 1954 (cap. VI, pag. 376) volle ambientare il suo capitolo nel negozio e nel laboratorio dei Carli. Lo stesso fascino, è stato subito nei vari anni anche da famosi registi, che hanno voluto fare di questo luogo il loro personale lavoro, così Soldati, girò una parte della “Provinciale” con un attore d'eccezione: il proprietario d'allora Giuseppe Carli. Visconti, affascinato dalla bellezza degli oggetti, e da grande intenditore quale era, volle che il Carli gli fornisse, tutti gli argenti e i gioielli per girare “L'innocente” e incluse anche lui, il proprietario, in una scena. Recentemente la regista Australiana Campion Jane girò alcune scene per il suo primo film “Ritratto di signora” per non parlare poi delle fiction girate con vari attori che spesso inquadrano o gli esterni, o gli interni, a seconda delle loro necessità di copione.
Tutte queste cose potrebbero essere un blasone pubblicitario per qualsiasi altro negozio al mondo, ma per la solita mentalità dei Carli loro non ne hanno mai tenuto conto. I clienti sono i benvenuti e sono sempre gentilmente accolti tutti alla stessa maniera e molte sarebbero le stranezze, che anche l'attuale proprietario potrebbe scrivere su di loro; ma i Carli sono fatti così, la loro e altrui privacy è completamente rispettata. E questa forse è la vera ragione del loro successo, oltre alla serietà commerciale e alla rarità del loro stock.
L'attuale proprietario della Gioielleria Carli è Pietro Carli, Cavaliere di Gran Croce Dell’Ordine della Repubblica, per la serietà e l'onestà del suo lavoro. La ditta in quest'ultimo periodo, dopo la morte del padre Giuseppe Carli nel Luglio del 1959, fu gestita da Carli Pietro solo, e dopo come impresa familiare. Dal 1992 si trasformò nella "Carli Pietro & C. S.a.s" con le stesse persone dell'impresa familiare.
1979 | Anzianità - più di 30 anni |
Impresa storica |
2010 | Premi speciali |
Impresa che vanta un'anzianità minima di 150 anni e che si è iscritta nel Registro nazionale delle imprese storiche |
1984 | Premi speciali |
Premio speciale al sig. Carli Pietro per le sue alte capacità professionali, in diversi campi dell'oreficeria, della gemmologia e delle arti dell'antiquariato, che lo hanno fatto apprezzare non solo come imprenditore, ma anche come esperto e come appassionato la cui opera è spesso richiesta; ed anche per aver tenuto viva una tradizione familiare che rispecchia tale competenza fin dall'immagine del negozio, vera e propria "vetrina" che orna la città. Impresa con più di 60 anni di attività. |