La tradizione della cucina tipica Lucchese
La fertilità della terra lucchese e la varietà di clima e di ambienti presenti, ha da sempre incoraggiato le coltivazioni di un’ampia gamma di prodotti che continuano ancora oggi a tener viva la tradizione “alimentare” lucchese. A cominciare da olio e vino che fin dall’antichità hanno sempre avuto molti estimatori anche fuori dai confini della città. I primi furono i romani ad accorgersi delle peculiarità della terra lucchese mettendone a coltivazione olivi e vigne per un consumo esclusivamente locale. Risalgono, invece, al 1300, le prime notizie sul vino lucchese richiesto per imbandire le tavole reali e papali. Il bianco e il rosso, tipici della zona di Montecarlo ma anche di tutte le colline lucchesi, finivano per “innaffiare” tutto ciò che di buono questa terra offriva alle famiglie contadine e a quelle dei signori. Identico discorso lo possiamo fare anche per l’olio, soprattutto del Compitese, pregiato e richiesto per le sue caratteristiche organolettiche, che si produceva nei tanti frantoi sorti nella zona e lungo i torrenti, dove le grandi macine di pietra azionate dall’acqua, spremevano le olive, producendo il prezioso “oro giallo” lucchese. E se per molti, olio e vino, rappresentarono più che altro un’attività di stampo familiare, all’interno di una filiera corta, produttore-consumatore, per una ditta in particolare, rappresentarono il veicolo principale per la propria affermazione nel settore commerciale mondiale. Fu, infatti, la famiglia lucchese Bertolli a trasformare quella che era una piccola attività commerciale al dettaglio in una grande azienda di produzione ed esportazione dei principali prodotti tipici lucchesi. Seguendo le rotte degli emigranti, in America piuttosto che in Europa, il capostipite Francesco Bertolli, cominciò a rifornirli dei prodotti della loro madre-patria come vino, olio e formaggi locali, di cui avevano grande nostalgie. Ebbe, così, inizio, verso fine ottocento, l’export per il settore alimentare lucchese, con il marchio Bertolli che divenne famoso prima all’estero piuttosto che in patria.
A fianco dei due prodotti tipici, si affermò anche l’attività molitoria per la produzione di farine, grazie alle grandi estensioni di campi coltivati a grano e granturco, che incentivò la nascita di tanti molini in zona, con il Molino Pardini di S. Pietro a Vico che, per diversi decenni, divenne leader europeo del settore per quantità prodotte. Parallelamente, si sviluppò anche un’attività di produzione della farina di castagne o di “neccio”, il pane della “gente dei monti”, grazie all’abbondanza, sulle colline lucchesi, della pianta di castagno. Per questo, quasi ogni comunità si era attrezzata di un proprio “metato”, dove far essiccare le castagne a fuoco lento, e di un molino, normalmente in prossimità di un corso di acqua, per la produzione della farina. Ma poiché si parlava di un’economia di pura sussistenza, ad uso delle singole famiglie per le loro esigenze quotidiane, l’utilizzo dei beni comunitari era regolato da norme molto ferree.
E “dove c’è farina, c’è pane” diceva un vecchio proverbio, confermato dalla presenza di molti forni sul territorio ma nel caso di Altopascio, complice una tradizione plurisecolare, si può parlare di centro di panificazione di grande importanza a livello italiano. Fare il pane, qua, è sempre stata una consuetudine, fin dai tempi del famoso Centro Hospitaliero del Tau, sorto intorno al mille, che con un pezzo di pane e un piatto di minestra del suo famoso “calderone” dell’Altopascio sfamava i pellegrini e viandanti che percorrevano giornalmente la via Francigena. E’, invece, tipico del centro cittadino, oltreché prodotto tradizionale e storico, il famoso pane dolce lucchese o Buccellato, ricco di uva passa e anici, che si produce ininterrottamente a Lucca dal cinquecento.
Di altro genere ma comunque facente parte del settore alimentare, è l’attività di produzione dei sigari. Da oltre un secolo e mezzo a Lucca, resiste, tra le poche in Italia, la Manifattura Tabacchi nei nuovi locali di Mugnano, che qua produce il famoso “sigaro toscano”, dopo aver prodotto a lungo tabacco da fiuto, sigari e sigarette, con una manodopera femminile arrivata a sfiorare le tremila unità. Solo negli anni quaranta, nella Manifattura lucchese si producevano circa 250.000 sigari toscani al giorno, 350.000 sigaretti “Roma”, 800 kg di trinciato per spuntature e 4.000.0000 di sigarette. Oggi, sono cambiati i tempi ma la manifattura lucchese costituisce ormai un simbolo del territorio e una tradizione da difendere grazie al suo “sigaro”.
Ma oggi, quasi a sottolineare il ruolo importante che nella catena alimentare italiana occupano i prodotti della terra lucchese, c’è un vasto campionario di riconoscimenti che, con orgoglio, vengono sbandierati dai produttori locali per sottolinearne la bontà e le qualità, come, ad esempio: la farina di castagne della Garfagnana D.O.P., il farro della Garfagnana I.G.P., il Granoturco Formenton Ottofile, il vino bianco e rosso DOC di Montecarlo e anche quello “delle Colline Lucchesi DOC” o come l’olio extra vergine di oliva “DOP Lucca”.